In tal modo le aree fuori fuoco che vediamo nella foto confuse, indistinte finiscono
per assumere un’importanza pari o superiore al soggetto ritratto nitidamente.
A quel punto la foto stessa acquisirà una forza comunicativa ancora maggiore e
risulterà molto più convincente, fino quasi ad assumere, nei risultati più alti,
un’aura particolare, onirica, di un mondo rarefatto che ci solleva dal dato realistico
della materialità che ci circonda.
Questa qualità dello sfocato si chiama bokeh, termine non a caso
di origine giapponese e che significa appunto ‘sfocatura’; infatti nella fotografia
orientale spesso si dà pari importanza sia allo sfondo che al soggetto principale, di
conseguenza se ne cura molto la qualità estetica.
Come ottenere un bokeh pregevole
Per ottenere un ottimo bokeh, nel senso sopra descritto, occorrono quindi gli strumenti
adatti e le situazioni opportune. Supponiamo di voler fare un ritratto in esterni a una
persona, un’istantanea, senza quindi avere uno studio apposito a disposizione.
Ovviamente si dovrà curare la luce adatta. Mai nelle ore centrali, soprattutto nella
stagione estiva quando la luce è verticale e traccia ombre marcate e terribili sui volti.